domenica 25 settembre 2016

218. 1, 2, 3, tanti

George Gamow (Odessa, 1904 – Boulder, 1968), è stato un fisico, cosmologo e divulgatore scientifico russo naturalizzato statunitense. Fu un sostenitore della teoria del Big Bang, e nei suoi lavori predisse l'esistenza della Radiazione cosmica di fondo. Gamow era una persona spiritosa, e quando con Ralph Alpher scrisse il fondamentale articolo sulla cosmogenesi, volle aggiungere il nome di Hans Bethe, così l’articolo fu pubblicato col nome di teoria di Alpher-Bethe-Gamow. Fu anche un brillante divulgatore scientifico; un suo famoso libro “One, Two, Three...Infinity” inizia raccontando che gli Ottentotti (popolazione indigena dell’Africa australe, così chiamata dagli Olandesi) non avevano nel loro vocabolario nomi per indicare i numeri superiori al 3. Quando qualcuno chiedeva ad uno di loro quanti figli avesse, e se il numero era maggiore di 3, l’indigeno rispondeva “tanti”. Più o meno la stessa cosa succede con l’apprendimento scolastico della Geometria. Dopo aver definito il punto e la retta si studiano le figure piane (come quadrati, triangoli e circonferenze), per poi passare ai solidi. Cioè si arriva a contare fino a 3 dimensioni. Per lo studio di oggetti in spazi di dimensione superiore, si parla genericamente di iperspazi (con tante dimensioni).

Si è già parlato in precedenti post di questi argomenti (es.: 154. I (Noti) Solidi Platonici) qui arriveremo a calcolare gli iper-volumi di Tetraedri in qualsiasi dimensione. Partiamo dal punto, che oltre a essere definito negli Elementi di Euclide come ciò che non ha parti, ha anche dimensione zero. Ora prendiamo un secondo punto e congiungiamolo al primo con un segmento di retta; abbiamo ottenuto così un ente geometrico con 1 sola dimensione. Prendiamo poi un terzo punto (esterno alla retta) e colleghiamolo con i 2 precedenti punti; otterremo così un triangolo con 3 lati e 3 vertici (2 dimensioni). Continuando ad aggiungere punti, si costruisce il tetraedro in 3 dimensioni, e poi 4, 5, ecc. Il numero di elementi che compongono i vari enti geometrici, hanno una struttura corrispondente a quella del Triangolo di Tartaglia (o di Pascal):




Nota: una figura chiusa quadridimensionale è composta di vertici, spigoli, facce, e celle. Un vertice è un punto dove si incontrano 4 o più spigoli. Uno spigolo è un segmento dove tre o più facce si incontrano, e una faccia è un poligono dove si incontrano due celle. Una cella è l'analogo tridimensionale di una faccia, ed è pertanto un poliedro.

Passiamo ora al calcolo dei “Volumi”.

I vari punti verranno sempre addizionati, posizionandoli in modo tale che, scegliendo 3 punti (vertici) a caso, si ottengano sempre triangoli equilateri.


In figura è rappresentato un triangolo equilatero e possiamo pensare di essere partiti con il punto in basso a sinistra, abbiamo poi aggiunto quello in basso a destra ed infine il punto in alto. Se congiungiamo il vertice superiore con il centro della base, otteniamo l’altezza “h” relativa alla base. Il punto d’incidenza delle 3 altezze viene chiamato baricentro; mentre la distanza tra centro della base e baricentro viene chiamata apotema. Allo stesso modo possiamo procedere per la costruzione del tetraedro. L’apotema del triangolo vale 1/3 dell’altezza, mentre per il tetraedro il rapporto è 1/4.
Più in generale il Teorema di Commandino stabilisce che:

Il baricentro dell'ipertetraedro appartiene alle mediane e le divide in parti che stanno fra loro nel rapporto 1 : n.


Federico Commandino (Urbino, 1509 – Urbino, 1575) è stato un matematico ed umanista italiano, uno dei maggiori traduttori delle opere dei grandi matematici dell'antichità.


Le varie altezze si possono calcolare con semplici passaggi matematici, reiterando il Teorema di Pitagora; ogni volta si usa lo spigolo come ipotenusa, mentre per cateti si definiscono l’altezza che dobbiamo ricavare e la distanza vertice/baricentro della base. Facciamo 2 esempi:
   1) per calcolare l’altezza di un triangolo equilatero usiamo come ipotenusa il lato e come “cateto noto” il semilato (che corrisponde alla distanza vertice/baricentro del lato);
   2) l’altezza del tetraedro si calcola utilizzando come “cateto noto” <l’altezza del triangolo meno il suo apotema> ed essendo che l’apotema vale 1/3 dell’altezza, il cateto risulta 2/3 di quest’ultima.


Moltiplicandole di volta in volta per i “volumi” calcolati nei passaggi precedenti e dividendo per (n+1), si ottengono i volumi delle corrispondenti dimensioni successive:




Questa formula permette di calcolare il Volume di un Ipertetraedro di spigolo s in n dimensioni.
In tabella sono riportate altezze, volumi e apotemi, con spigolo s di valore unitario:

Per altezze e apotemi sono riportati anche i valori dei loro quadrati, per metterne in evidenza la loro formulazione particolarmente semplice.


   2. Formula di Eulero per i Poliedri
  5. Sezioni di Cubo
 19. Ipertetraedro
 21. Dodecaedro e Cubo
 45. Solidi Platonici
 94. Sezioni di ipercubo
115. Somma di ipersfere
131. Tesseratto












mercoledì 14 settembre 2016

217. Lo pneumatico


Tutto cominciò con un triciclo. Lo scozzese John Boyd Dunlop (1840 – 1921) dopo essersi laureato in veterinaria, tra le altre cose, fu anche inventore e chirurgo. Nel 1867 si trasferì in Irlanda, dove, vent’anni dopo, guardando pedalare il proprio figlio su una strada sassosa, ebbe l’idea di inventare lo pneumatico. 

 



L’anno successivo depositò il brevetto e nel 1889 fondò la società produttrice degli pneumatici Dunlop: Pneumatic Tyre and Booths Cycle Agency. Una squadra di ciclisti inglesi che montava gomme Dunlop, contribuì a rendere l’invenzione famosa nel mondo e le gomme piene furono sostituite nelle biciclette e nelle automobili.




Due anni dopo la concessione, Dunlop fu informato ufficialmente che gli era stato revocato il brevetto in seguito a verifiche più approfondite. Era infatti emerso che già quarant'anni prima l'inventore Robert William Thomson (1822 – 1873) di Stonehaven (anche lui scozzese), aveva già brevettato un'idea analoga in Francia nel 1846 e negli Stati Uniti nel 1847. Forse Thomson era troppo in anticipo e morì a 51 anni senza riuscire a vedere i futuri sviluppi che avrebbe avuto la sua invenzione. O forse perché non era ancora stata inventata la vulcanizzazione, che serve a dare elasticità e durezza a caucciù e gomme sintetiche, rendendole insensibili alle variazioni di temperatura. Questo processo consiste sostanzialmente nel far reagire a caldo gomma e zolfo con altri catalizzatori, e fu scoperta nel 1855 dall’americano Charles Goodyear (anche lui rimasto famoso nel settore, l'azienda Goodyear Tire and Rubber Company è stata chiamata così in suo omaggio). I legami chimici tra le catene di molecole “a ponte di zolfo”, creano un reticolo stabile, che impedisce alla gomma di rammollire e di deformarsi se la temperatura sale. A seconda della quantità di zolfo impiegato, si ottengono gomme più o meno dure.

Ma come funziona lo pneumatico e come riesce a rimanere gonfio sotto il peso di un ciclista o quello di un automobile?

La prima risposta è semplice: è pieno di aria compressa (o altro gas).

Quello che è meno immediato è che atomi e molecole urtando tra loro e contro le pareti ad alta velocità riescono a “reggere” il peso di ciò che portano in giro. Questi proiettili sono molto piccoli, ma sono veramente tanti, ma tanti tanti. Non è semplice immaginare numeri simili e non approfondirò oltre l’argomento; riporto solo l’inizio del capitolo 39 “The Kinetic Theory of Gases” delle famose lezioni “The Feynman Lectures on Physics, Volume I”:






“Innanzitutto, sappiamo che un gas esercita una pressione. Se le nostre orecchie fossero più sensibili, sentiremmo un rumore continuo. Per fortuna l'evoluzione dell'orecchio non si è sviluppata a quel punto. La ragione è che il timpano è a contatto con l'aria, e l'aria è costituita da un sacco di molecole in movimento continuo e queste sbattono contro i timpani, causando un irregolare boom, boom, boom, che non si sente solo perché gli atomi sono così piccoli, e la sensibilità dell'orecchio insufficiente per accorgersene. Il risultato di questo bombardamento perpetuo è di spingere il tamburo lontano, ma naturalmente c'è un bombardamento perpetuo uguale di atomi sull'altro lato del timpano, in modo tale che la forza netta risultante sia zero. Se dovessimo rimuovere l'aria da uno dei due lati, o modificare le quantità relative di aria, il timpano sarebbe poi spinto da una parte o dall'altra, perché la quantità di bombardamenti su un lato sarebbe superiore a quella sull’altro. A volte si prova questo effetto di disagio quando si va troppo in fretta in un ascensore o durante la fase di atterraggio di un aereo, soprattutto se abbiamo anche un brutto raffreddore (quando abbiamo un raffreddore, l’infiammazione chiude il canale che collega l'aria all'interno del timpano con l’aria esterna che attraversa la gola, in modo che le due pressioni non possono facilmente bilanciarsi)”. 


 

Le molecole che compongono l’aria che respiriamo hanno una velocità media dell’ordine di 2000 km all’ora, anche se non riusciamo a percepirlo.

Tornando al nostro pneumatico, se la ruota non è montata, senza schiacciarla non riusciamo a capire se è gonfia o no. Se però vogliamo utilizzarla dobbiamo gonfiarla, cioè dobbiamo aumentare la pressione al suo interno.

L’unica formula che voglio mostrare è l’equazione di stato dei gas perfetti:

pV = nRT


dove le variabili sono nell’ordine: pressione, volume, quantità di sostanza, costante dei gas e temperatura assoluta.

Nel caso dello pneumatico V,R e T di norma non cambiano, mentre p aumenta in funzione di n, cioè se si aumenta la quantità di gas, aumenta in proporzione la pressione. Facciamo qualche esempio. Per le gomme di una bicicletta una buona regola generale è gonfiare di 1 atmosfera per ogni 10 kg di peso (es: se pesi 70 kg le gonfi a 7 atm); che non è poco, se si pensa che la pressione delle ruote delle auto è compresa tra 2 e 2,5 atmosfere. Vediamo perché e poniamoci prima un paio di domande: che pressione esercita un copertone sull’asfalto e qual è l’area della sua impronta? Le risposte non sono poi così difficili.

Primo, per essere in equilibrio, la pressione esercitata dall’asfalto sullo pneumatico deve equilibrare la pressione interna, per cui 7 atm per la bici e 2,2 per l’auto.

Secondo, la pressione si ottiene come forza per unità di superficie, p = F/S, e ipotizzando una massa di 70 kg (bici + uomo) e 1400 kg (auto + uomo), si ottiene che con le pressioni scritte sopra le relative superfici sono:

 



In questo sito potete trovare come varia l’impronta dello pneumatico in relazione alla pressione.



      

In fisica psi è l'acronimo di pound per square inch, che significa libbre per pollice quadrato, ed è l'unità di misura della pressione nel sistema anglosassone.

1 atm  = 14,69 psi  = 760 torr  = 760 mmHg   = 10,33 mH2O  = 101325 Pa  = 1,013 bar   = 103,32 kgf/m²    = 1,0332 kgf/cm²   = 0,101325 N/mm²


Essendo inversamente proporzionali, aumentando la pressione si diminuisce l’area dell’impronta lasciata sull’asfalto e viceversa. Per questo motivo si sgonfiano leggermente le gomme per aumentarne l’aderenza in caso di nevicate e si dovrebbe  aumentare la pressione d'estate di 0,2 - 0,3 bar quando si è a pieno carico.



Esistono semplici esempi di pressioni molto elevate, come un chiodo sull’asfalto che fora un copertone o la pressione esercitata dal tacco a spillo di una scarpa (di una donna di 50 kg), che arriva a superare le 100 atmosfere.